Con il racconto "Il bagliore della speranza" Ettore Canessa vince il Primo Premio Assoluto della sezione Under 18 dell Concorso Letterario Nazionale di Monselice
II suo nome era Elena Rotari, ma nessuno lo sapeva a memoria tranne che al momento della chiamata alla fabbrica; non passava inosservata ma neanche attirava particolare attenzione con la sua presenza, né per il suo aspetto, né per il suo ingegno; si muoveva tra le stanze della sartoria come una brezza leggera che appena sentivi e poi svaniva via senza lasciare traccia alcuna.
Era una ragazza di 17 anni che viveva con sua madre in un appartamento grigio; tornava tardi dal lavoro e un gatto grassottello dormiva costantemente sul sofà facendone una routine quotidiana che si ripeteva senza variazioni: si svegliava, andava al lavoro, ritornava a casa, cenava e poi dritta a letto. Ogni giorno era uguale, solo una vita monotona caratterizzata da una risoluzione bassissima
Finché non arrivò quel mercoledì,
Elena uscì prima dal lavoro per un forte mal di testa sentendosi urlare dietro le spalle che sarebbe stata licenziata per negligenza…una donna del Bangladesh non può scegliere di stare male e se capita muore di fame! Consapevole che avrebbe trovato anche la madre contro di lei, se fosse tornata a casa senza più un lavoro, si mise a passeggiare per una strada polverosa; non c’era il sole nel cielo lattiginoso e le macchine correvano come formiche impazzite Elena si appoggiò dolorante ad un lampione.
All’improvviso una luce bianca la investì direttamente in faccia.
Non era il sole, né un’auto; non era neanche qualcosa di tangibile in sé: era piuttosto una luce perfetta senza un’origine apparente che sembrava illuminarla come se il mondo intorno a lei fosse diventato improvvisamente un riflettore puntato direttamente sulla sua persona. Non c!erano rumori né lampi, solo quella chiarezza intensamente accecante che la fece quasi vacillare nell’istante in cui la percepì nitidamente per la prima volta.
Quando riaprì gli occhi dopo un attimo di distrazione capì che c’era qualcosa di diverso nel modo in cui il mondo si dispiegava davanti a lei: tutto sembrava meno caotico e meno sporco. Anche il mal di testa era passato.
Il giorno successivo quando si ripresentò al lavoro non trovò più la fabbrica. Com’era possibile? Aveva pregato così tanto che Dio la facesse vivere in un mondo diverso in cui anche le ragazze potessero studiare, imparare un lavoro diverso dalla sarta, decidere da sole che marito sposare e se sposarsi, che le sembrava che quella preghiera si fosse materializzata.
C’era una struttura davanti a lei simile ad una scuola, si stropicciò gli occhi e si vide arrivare incontro una donna che le sorrise. Non le era mai successo. Un ragazzo della sua età con uno zainetto le fece un cenno con la testa come per salutarla. Non le era mai successo. Persino una professoressa le disse: “Buongiorno, Elena, vieni, accomodati nella tua nuova classe”. Durante l’intervallo due ragazze la invitarono persino a giocare a carte e Elena accettò.
Ogni giorno che passava, la sua “presenza” cresceva; le chiedevano pareri, la invitavano alle feste e aveva amici; complicità. vita. Possibile? Com’era possibile? Smise dichiederselo e iniziò a ringraziare per ogni istante di vita cha le veniva concesso, iniziò a credere che la speranza esisteva anche concretamente e non solo come sentimento, perché era diventata vita vera ed era ciò che l’aveva tenuta in vita e che non le aveva mai fatto buttare la spugna. Un giorno chiese all’insegnante se voleva leggere il libro che aveva scritto in un lasso di tempo brevissimo u per avere il parere di una persona di cultura. L’insegnante lo lesse e pianse; il libro aveva un titolo davvero singolare “Passaggio dagli stracci alla libertà”. Il futuro poi lo scrisse Elena e non più la malasorte che la fede le aveva permesso di sconfiggere.
Quella luce non le cambiò la vita….. La riscrisse!
